Oggi nel mondo sono circa 46 milioni le persone affette dall’Alzheimer, una patologia neurodegenerativa cronica caratterizzata dalla perdita progressiva delle funzioni cognitive e per la quale ancora non esiste una vera e propria cura, ma sono in commercio farmaci in grado di rallentare il decorso di questa condizione. Evidenze scientifiche hanno evidenziato come fattori ambientali come alimentazione, stile di vita e attività fisica possano svolgere un importante ruolo nella prevenzione e nel rallentamento di questa patologia cronica neurodegenerativa.
Da un punto di vista molecolare è stato ipotizzato come alla base dell’Alzheimer possa verificarsi la formazione di placche beta-amiloidi e di aggregati di proteine tau. In particolare l’aggregazione dei peptidi beta-amiloidi sembrerebbe particolarmente implicata nelle fasi iniziali della neurodegenerazione tipica di questa condizione.
Questi aggregati proteici intorno alle cellule nervose sono alla base dei meccanismi patogenici, inducendo processi infiammatori, alterando la regolazione di fattori di crescita e promuovendo un’eccessiva entrata di calcio a livello intracellulare.
In attesa di trattamenti terapeutici più efficaci contro questa condizione patologica, esistono composti naturali, come la curcumina che, come dimostrano varie evidenze scientifiche, possono avere effetti molto positivi al riguardo. Proprio per quanto riguarda la curcumina, si tratta di un composto antiossidante contenuto nella curcuma, la spezia gialla indiana dal tipico colore giallo. Vari lavori hanno evidenziato come questo composto sia in grado di esplicare attività antinfiammatorie, antiossidanti, antivirali e antifungine. Studi in vivo e in vitro hanno evidenziato come questo composto possa rivelarsi farmacologicamente utile nel contrastare un ampio spettro di patologie umane come diabete, obesità e anche patologie neurodegenerative.
Proprio riguardo a quest’ultimo aspetto, il consumo di curcuma è ingente nella popolazione indiana che, dati epidemiologici alla mano, è quella che presenta i più bassi tassi di prevalenza di Alzheimer nel mondo. Pensate che un indiano consuma mensilmente dai 21.7 ai 28.6 g di curcuma mensilmente.
Tutto questo, come dimostrano vari studi, non può essere ridotto ad una semplice coincidenza. In particolare nell’Alzheimer, i meccanismi d’azione della curcumina possono essere pleiotropici.
Ad esempio, vari studi evidenziano come la curcumina sia in grado di prevenire la formazione e l’accumulo di placche beta-amiloidi.
In uno studio in vivo pubblicato nel 2017 sulla rivista Molecular Neurobiology, è stato visto nei topi come questo composto antiossidante sia in grado di inibire l’espressione dell’enzima BACE1, responsabile del clivaggio dei peptidi amiloidi in grado di aggregarsi in placche.
Ma non solo, evidenze scientifiche dimostrano come la curcumina, oltre ad inibire la formazione ex novo di queste placche, sia in grado di far si che questi peptidi beta-amiloidi non si aggreghino per formare le placche, proprio perché la curcumina grazie alla sua particolare conformazione molecolare è in grado di legarsi a queste placche, destabilizzandole e impedendo che possano aggregarsi fra loro.
Biochimicamente è stato visto che il tutto è possibile grazie alla idrofobicità della molecola e alla presenza di anelli cheto-enolici in grado di interagire con gli anelli aromatici dei dimeri beta-amiloidi. Altri studi in vitro, nello stesso tempo, evidenziano come la curcumina possa ridurre la tossicità di queste placche.
Tutto questo potrebbe essere incredibilmente utile anche per una diagnosi precoce di Alzheimer. In un lavoro pubblicato sulla rivista The Journal of Clinical Investigation è stato visto come in pazienti affetti da retinopatia amiloide, tipica condizione associata all’Alzheimer, fosse possibile individuare i depositi amiloidi attraverso l’utilizzo di sonde di curcumina che andavano a legarsi direttamente alle fibrille beta-amiloidi.
Gli ammassi di proteine tau a livello dei microtubuli neuronali è un altro evento di rilievo nella patogenesi dell’Alzheimer e studi in vivo e in vitro evidenziano come la curcumina sia in grado di prevenire l’aggregazione e la neurotossicità delle proteine tau difettose, fungendo da inibitore della chinasi GSK-3β, enzima responsabile della fosforilazione di questi aggregati.
In un lavoro del 2009 pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience è stato evidenziato come la curcumina sia anche in grado di promuovere la degradazione degli aggregati di proteine tau inducendo e raddoppiando i livelli dell’enzima BAG2 BLC2 associated athanogene 2), responsabile nel veicolare le proteine tau verso la degradazione.
La curcumina è nota anche per la capacità di chelare i metalli, il che potrebbe rivelarsi molto utile nel “catturare” metalli potenzialmente dannosi all’organismo, quali i metalli pesanti ad esempio come cadmio, mercurio, ma nello stesso tempo tutto questo potrebbe non essere vantaggioso in soggetti affetti da carenza di ferro, in quanto la curcumina è in grado di legare avidamente anche il ferro riducendo drasticamente la sua disponibilità.
Così come il ferro, la curcumina chela anche il rame e riguardo a quest’ultimo metallo, vari studi hanno evidenziato come, rispetto a soggetti sani, gli individui affetti dal morbo di Alzheimer presentano livelli più elevati di rame nel sangue. Il rame, in eccesso, è in grado di interagire con le placche beta-amiloidi velocizzando i meccanismi e i processi di neurodegenerazione e aumentando i livelli di stress ossidativo.
In un lavoro del 2013 pubblicato sulla rivista Biophysical Chemistry è stato visto come la curcumina sia in grado di legare il rame prevenendo in vitro l’aggregazione di placche beta-amiloidi.
Molti studi epidemiologici hanno evidenziato inoltre l’associazione tra ipercolesterolemia e Alzheimer. I soggetti affetti da questa condizione neurodegenerativa cronica presentano infatti livelli di colesterolo maggiori rispetto ai soggetti sani, specie in coloro che presentano la mutazione dell’allele ε4 del gene codificante la proteina ApoE, responsabile del trasporto del colesterolo nel cervello. Il colesterolo in eccesso è associato ad un aumentata produzione di placche beta-amiloidi e, non a caso, sono raccomandate terapie strettamente ipocolesterolemizzanti negli individui con Alzheimer. Anche in questo caso la curcumina potrebbe rivelarsi molto utile contribuendo a ridurre i livelli di colesterolo circolanti.
In particolare, evidenze scientifiche dimostrano come sia in grado di inibire le proteine SREBP (sterol regulatory element binding proteinS), responsabili sia della produzione di colesterolo che di neurotossicità in questa condizione.
Oltre a regolare la produzione di colesterolo, la curcumina potrebbe avere effetti positivi anche nel ridurre i livelli colesterolo in circolo, promuovendo l’espressione dei recettori delle lipoproteine LDL a livello epatico, in grado di promuovere l’entrata di colesterolo nelle cellule, riducendone così i livelli ematici.
L’effetto antiossidante della curcuimina è altresì da non sottovalutare. L’Alzheimer è una condizione dettata da un potente stress ossidativo a livello cerebrale: le specie reattive dell’ossigeno in eccesso non fanno che promuovere l’aggregazione di placche beta-amiloidi e di proteine tau, che a loro volta creano ulteriore stress ossidativo, creando un circolo vizioso. la curcumina è nota per le sue proprietà antiossidanti e citoprotettiva e potrebbe anche in questo rendersi molto utile.
Purtroppo il grande dubbio relativo alla curcumina rimane quello riguardo alla sua biodisponibilità. La curcumina per esplicare queste attività dovrebbe giungere a livello cerebrale e, purtroppo, gli studi evidenziano come possa essere assorbita a livello intestinale con molte difficoltà e come venga metabolizzata ed eliminata immediatamente. I pasti ricchi di fibre, o troppo ricchi di metalli come il ferro ne limitano molto la biodisponibilità, mentre pasti ricchi di carboidrati amidacei, per esempio riso o patate, e di grassi vegetali, come l’olio extravergine di oliva ne promuovono un maggiore assorbimento. Alcuni alimenti, inoltre, nello specifico sono in grado di aumentare la biodisponibilità della curcumina, tra cui il pepe nero. n effetti risale al 1998 lo studio che evidenzia come la piperina, composto bioattivo contenuto nel pepe nero, sia in grado di inibire gli enzimi epatici responsabili del metabolismo della curcumina, favorendo una sua maggiore permanenza in circolo e permettendole cosi di espletare per un tempo maggiore la sua potentissima attività antiossidante.
Ancora gli studi clinici sull’uomo non sono tantissimi, occorre approfondire maggiormente e soprattutto migliorarne, mediante apposite formulazioni biochimiche, la sua biodisponibilità, tuttavia gli effetti della curcumina potrebbero rivelarsi sicuramente utili sia ai fini della prevenzione e della terapia nei confronti di una condizione come l’Alzheimer.
Fonti:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22593922
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https://pdfs.semanticscholar.org/17b6/85b399896db7795635b7b64eaa96788c1619.pdf
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26529184
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19228967
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22565015
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