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Dott. Daniele Basta

COVID19, i motivi per cui la massa grassa in eccesso aggrava questa condizione


È ormai noto da tempo come i soggetti in sovrappeso e obesi tendono ad avere una maggiore vulnerabilità alle infezioni e un sistema immunitario meno efficiente rispetto ai soggetti normopeso. La massa grassa in eccesso, comportandosi come un vero e proprio organo proinfiammatorio, contribuisce a creare un microambiente favorevole alle complicazioni infiammatorie tipiche di questa condizione e a influire negativamente sui processi immunitari. Altro punto da non sottovalutare è che la massa grassa in eccesso è associata a condizioni croniche come ipertensione, diabete di tipo 2 o a patologie cardiovascolari che aumentano il rischio di complicazioni da COVID-19.


Non è un caso che già nel 2009, ai tempi della pandemia da influenza A (H1N1) vari studi avevano evidenziato come i soggetti obesi fossero associati ad un maggior numero di ospedalizzazione e ad un maggiore tasso di mortalità tra i positivi. Rispetto ai normopeso, questi soggetti richiedevano tempi più lunghi di terapia intensiva.


Oltre tutto questo, la massa grassa è in grado di aumentare il rischio di complicazioni da COVID-19 anche per altri due motivi.

1) Il primo è che gli adipociti, ovvero le cellule della massa grassa, presentano in superficie il recettore ACE2 (angiotensin-converting enzyme 2), al quale si lega il virus per poter entrare e infettare le cellule, replicandosi e diffondendosi. Tale recettore è stato ritrovato non solo sulle cellule epiteliali polmonari, ma anche a livello epatico, intestinale, renale e cerebrale. Anche gli adipociti presentano questo recettore e sono potenzialmente infettabili dal virus. Nei soggetti obesi e in sovrappeso, caratterizzati da quantità eccessive di massa grassa, è presente un maggior numero di cellule adipose con conseguente maggiore esposizione recettoriale di ACE2 e maggiore possibilità di infezione. Le cellule adipose in eccesso possono rappresentare un pericoloso serbatoio di virus.



2) Il secondo motivo è che il tessuto adiposo non è presente unicamente a livello addominale, ma strutturalmente circonda altri organi, anche in quantità eccessive in condizioni di sovrappeso o obesità. Ad esempio il fegato nei soggetti obesi è circondato da quantità elevate di grasso in una condizione chiamata steatosi epatica non alcolica (NAFLD). Cellule adipose o simili a quelle adipose sono presenti anche a livello polmonare. Queste prendono il nome di lipofibroblasti e contribuiscono, in condizioni fisiologiche, ad una migliore funzionalità alveolare nell’assorbimento dell’ossigeno. In presenza dell’infezione virale o, in uno stato infiammatorio, queste cellule trans.differenziano in miofibroblasti, in grado di causare fibrosi polmonare. La fibrosi polmonare è rappresentata dalla perdita di funzionalità di tessuto polmonare che diventa tessuto fibrotico, circatrizzato ed è alla base delle complicazioni respiratorie da COVID-19. Tale processo è in grado di iniziare prima che si manifestino i reali sintomi dell’infezione . Lavori su autopsie hanno evidenziato la presenza di tessuto fibroso tra gli spazi alveolari già nella prima settimana di SARS, conseguente fibrosi interstiziale nella seconda settimana e fibrosi grave alveolare e del setto nella terza settimana.


Dunque il grasso in eccesso si rivela come un potenziale pericoloso reservoir di virus nell’organismo e può aggravare, in presenza, le complicazioni post-infezione da SARS-CoV-2 causando fibrosi polmonare.


In conclusione, tutto ciò evidenzia ulteriori motivi per ridurre l’eccesso di massa grassa, spiegando potenzialmente il maggior grado di ospedalizzazioni e il maggior tasso di mortalità associato a questa condizione nell’infezione da coronavirus.


 

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