Tra le caratteristiche principali dell’alimentazione scorretta moderna, tipica della nostra società, emerge il consumo eccessivo di sodio, non solo attraverso l’utilizzo del convenzionale sale da cucina, ma soprattutto mediante il consumo di cibi processati come merendine, prodotti conservati, carne processata, formaggi. Pensate che il contenuto di sodio negli alimenti processati può essere presente in quantità 100 volte maggiori rispetto a pasti simili fatti in casa.
L’eccessivo consumo di sodio è un noto fattore di rischio di ipertensione, una delle condizioni croniche maggiormente diffuse nel mondo occidentale. Tuttavia, da vari studi negli ultimi anni è emerso come un introito eccessivo di sodio sia correlato anche ad una ridotta funzione endoteliale, ad una ridotta funzionalità renale, ad un maggior rischio di patologie autoimmuni e ad un maggior rischio di ictus, a prescindere dalla presenza o meno di ipertensione.
Un’introduzione eccessiva di sodio non solo può rivelarsi potenzialmente dannosa alterando la permeabilità intestinale, ma può influire negativamente sugli eventi autoimmuni anche in maniera differente. È stato visto come le patologie autoimmuni sono caratterizzate da un’iperattivazione di cellule T-helper 17, importanti componenti dell’immunità acquisita che proteggono l’organismo da potenziali patogeni come virus o batteri. Questa iperattivazione da parte di queste cellule potrebbe essere veicolata dalla presenza di elevate quantità di sodio, a partire dall’intestino.
Sembrerebbe che, in presenza di quantità elevate di sodio, un’iperattivazione di cellule t-helper 17, proprio a partire dall’intestino, possa veicolare una risposta autoimmune nell’organismo.
Tant’è che nel 2013 un gruppo di ricercatori del Connecticut riportava su Nature come, nei topi, un’alimentazione caratterizzata da eccessive quantità di sodio fosse associata ad un significativo aumento del rischio di encefalomielite autoimmune, la versione di sclerosi multipla nei topi.
Due anni dopo, nel 2015, sulla rivista Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, veniva evidenziato come, a livello osservazionale, un’eccessiva introduzione alimentare di sale fosse associata ad un peggioramento netto in pazienti affetti da Sclerosi Multipla: in particolare era stato visto come coloro che mangiavano più salato possedevano una probabilità 3-4 volte maggiore di riacutizzazione dei sintomi e, inoltre, una probabilità 3 volte maggiore di avere nuove lesioni a livello cerebrale.
I danni causati dall’eccesso di sodio, a livello intestinale, sono in grado di ripercuotersi anche a livello cerebrale.
Le evidenze scientifiche degli ultimi anni stanno delineando una curiosa e importante associazione tra introduzione eccessiva di sodio e comunicazione intestino-cervello tramite alterazioni del sistema immunitario.
Molto recentemente, un nuovo studio ha evidenziato come il sistema immunitario, in risposta ad un introito eccessivo di sale, sia in grado di inviare segnali al cervello in grado di compromettere la corretta funzionalità endoteliale dei vasi cerebrali, velocizzando il declino cognitivo e aumentando il rischio di ictus cerebrale.
I risultati di questo lavoro in vivo sono stati pubblicati sulla rivista Nature Neuroscience e hanno evidenziato come tutto abbia inizio nell’intestino tenue dove, in presenza di elevate concentrazioni di sodio, avvenga un’iperattivazione e un’espansione delle cellule T-helper 17, con conseguente produzione in circolo di IL-17, in grado a sua volta di promuovere, a livello cerebrale, disfunzione endoteliale e declino cognitivo, mediante anche una ridotta produzione di ossido nitrico da parte delle cellule endoteliali cerebrali.
Tutto questo è stato confermato da una significativa riduzione del flusso ematico nelle regioni della corteccia e dell’ippocampo, note per il loro ruolo cruciale nella memoria e nell’apprendimento.
Un dato riportato, da non sottovalutare, è che, tale declino nelle performance cognitive, veicolato a partire da un’introduzione eccessiva di sodio, si è verificato anche in assenza di ipertensione. Sempre nello stesso lavoro è stato visto come riducendo poi nuovamente il consumo di sale o, intervenendo farmacologicamente in presenza di quantità elevate dello stesso, gli effetti deleteri a livello cerebrale si riducevano drasticamente.
Dunque, queste rappresentano ulteriori evidenze scientifiche che confermano gli effetti negativi associati al consumo eccessivo di sale, che partono dall’intestino e che promuovono dannose alterazioni del sistema immunitario con conseguenze anche a livello cerebrale.
Oltre a ridurre il consumo di sale, Il mio consiglio è quello di limitare drasticamente il consumo di alimenti processati, come merendine, prodotti confezionati, salse, patatine chips, bevande zuccherate, ecc., e il consumo di insaccati e di formaggi, che rappresentano tra le più sottovalutate fonti di sodio “nascosto” e che molti ancora fanno veramente fatica a mettere da parte giornalmente. Dall’altra parte è consigliabile sostituire il sale da cucina con spezie ed erbe aromatiche, ricche di minerali, vitamine e soprattutto di antiossidanti, dai potenziali effetti benefici sulla salute.
Fonti:
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMra1212606?query=recirc_curatedRelated_article
https://www.nature.com/articles/nature11868
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25168393
https://www.nature.com/articles/s41593-017-0059-z