Sono tante le evidenze presenti in letteratura scientifica riguardo agli effetti benefici associati al consumo di aglio, soprattutto dal punto di vista cardiovascolare, grazie alla presenza di un composto sulfureo contenuto all’interno, chiamato allicina, che si libera una volta che l’aglio viene triturato o masticato, emanando un odore caratteristico.
Più si avanza con l’età e più le arterie tendono ad irrigidirsi e la perdita di elasticità è associata a maggiori fluttuazioni di pressione sanguigna a livello renale e cerebrale, aumentando il rischio di infarto e di insufficienza renale. Curiosamente, in uno studio osservazionale pubblicato sulla rivista Circulation nell’ottobre del 97’ è stato evidenziato come i coloro che consumavano regolarmente dell’aglio polverizzato presentavano minore rigidità aortica. In effetti, in moltissimi studi in vitro e in vivo, sono stati dimostrati gli effetti cardioprotettivi associati al consumo di aglio, in grado di fungere da antiaggregante piastrinico, anticoagulante, da potente antipertensivo e da ipocolesterolemizzante.
Proprio riguardo a quest’ultimo aspetto, in un lavoro del 2013 pubblicato sulla rivista Nutrition Reviews è stato visto come un consumo regolare di aglio in un periodo superiore ai 2 mesi sia associato ad una riduzione del colesterolo totale dell’8%.
Ma sembrerebbe che le proprietà cardioprotettive dell’aglio risiedano soprattutto nella sua attività anticoagulante e antiaggregante-piastrinica, cosi potenti che l’American Society of Anesthesiology, la più importante autorità internazionale di anestesia mondiale, raccomanda di non consumarlo almeno una settimana prima di un potenziale intervento chirurgico.
In particolare, l’attività antiaggregante piastrinica esercitata dall’aglio è molto importante in ottica di prevenzione cardiovascolare.
Nelle patologie cardiovascolari aterosclerotiche, le piastrine attivate circolanti sono in grado di aderire con molta più facilità all’endotelio dei vasi aumentando il rischio di trombosi con conseguente rischio di ischemia cardiaca e cerebrale. Da qui l’importanza dei farmaci anti-aggreganti piastrinici....e dell’aglio!
Tali proprietà sono state riscontrate anche nella cipolla, ma molto meno potenti rispetto a quelle dell’aglio. In tutto ciò la modalità di cottura incide moltissimo. Il composto responsabile alla base di tutto questo è rappresentato dall’allicina che viene liberata, dopo pochi minuti, una volta che lo spicchio di aglio viene masticato o triturato.
Il calore di una potenziale cottura immediata dell’aglio, a causa dell’inattivazione dell’allinasi, riduce drasticamente la formazione di allicina e, proprio per questo motivo, per ottenerne maggiori quantità, è consigliabile triturare l’aglio, attendere 10-15 minuti e successivamente cuocerlo nelle pietanze, in quanto l’allicina si sarà già formata.
Se invece, accidentalmente l’aglio è stato messo in padella prima del dovuto, l’aggiunta di succo di aglio rigorosamente crudo, può risultare efficace nel ripristinare l’attività antipiastrinica dell’allicina, come dimostra un lavoro del 2007 pubblicato sulla rivista Journal of Food Chemistry.
In maniera molto simile avviene tutto questo anche per quanto riguarda la preparazione dei broccoli e delle verdure crucifere in generale.
Dunque gli effetti dell’aglio potrebbero risultare molto importanti in ottica di prevenzione cardiovascolare. Ma le evidenze scientifiche non si fermano qui. Secondo uno studio recente pubblicato sulla rivista Journal of Nutrition è stato visto come gli estratti di aglio siano efficaci nel prevenire e nel combattere la formazione di placche aterosclerotiche “molli” a livello coronarico in soggetti affetti da sindrome metabolica. (Clicca qui per saperne di più)
In conclusione, alla luce di tali evidenze scientifiche e alla luce dei dati allarmanti che vedono oggi le patologie cardiovascolari come la prima causa di morte nel mondo occidentale, un consumo regolare di aglio può avere un ruolo rilevante e sicuramente da prendere in considerazione….a parte l’unico effetto collaterale: alito cattivo!
Fonti:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9355906
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23933870
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23590705
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17256959
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17256959
http://atvb.ahajournals.org/content/28/4/629.full
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16335787